Tale norma servirebbe a sbloccare la procedura di assegnazione della scaduta concessione relativa a detta società, riassegnandola in house alla medesima previa estromissione degli attuali soci privati. Ciò al fine dichiarato di evitare l’espletamento di una procedura di gara pubblica che sarebbe altrimenti necessaria secondo la disciplina europea e nazionale.
Non è la prima volta che si tenta, con manovre legislative dalla dubbia legittimità, di intervenire sulla questione legata al nuovo affidamento della concessione di Autobrennero (precedentemente vi erano stati tentativi analoghi – poi stralciati – durante la gestazione del Decreto Semplificazioni lo scorso settembre, nonché nelle bozze del recente DDL Bilancio), dimenticando il fatto che tale società, ancorché a maggioranza pubblica, opera nel mercato dei capitali e costituisce un soggetto di diritto privato dovendo quindi sottostare alle relative regole, in primis quelle dettate dal codice civile che regolano l’attività di impresa.
Sotto tale luce, una estromissione forzata di alcuni soci in mancanza di apposite previsioni statutarie al riguardo (e lo statuto della Autobrennero, lo ricordiamo, non ne contiene) si pone in aperto contrasto rispetto alle basilari norme di diritto societario nonché al principio, costituzionalmente garantito, di libertà di iniziativa economica risultando pertanto estremamente discutibile dal punto di vista giuridico.
Non solo: una simile azione avrebbe inoltre la conseguenza di minare ulteriormente la già non elevata fiducia degli investitori stranieri verso il panorama aziendale italiano, in quanto costituirebbe un importante precedente di intromissione abusiva da parte dello Stato nel campo dell’iniziativa economica privata.
A rendere ancor più critico il provvedimento in esame, vi è inoltre il fatto che il riscatto delle quote private in favore dei soci pubblici debba avvenire ad un valore calcolato senza tenere conto del fondo (pari a circa 800 milioni di euro) accantonato dalla Autostrada del Brennero ai sensi dell’articolo 55 della Legge n. 449/1997 e vincolato, come noto, alla realizzazione/potenziamento della infrastruttura ferroviaria del Brennero; questo fondo è stato costituito nel corso degli anni utilizzando parte degli utili societari, utili che in quanto tali appartengono per definizione alla società e, quindi, a tutti i suoi soci.
Conseguentemente, il negare ai soci “espropriati” – illegittimamente, come già visto – anche di ricevere una parte consistente del valore reale sulla cessione delle proprie quote aggiunge ulteriore gravità alla situazione.
A quanto sopra si potrebbe ribattere che qualsiasi legge può essere modificata da un’altra legge successiva, ed è vero; ma non ci si può spingere sino al punto di andare contro i fondamenti stessi del diritto e contro la costituzionalità delle norme giuridiche.
Al limite si potrebbe anche stabilire che la società debba diventare interamente pubblica, ma andrebbe fatto con le debite tempistiche e modalità, non mediante una mera imposizione ed omettendo oltretutto il legittimo riconoscimento dei propri diritti a soggetti privati che sinora hanno investito i loro capitali nell’azienda.
Agire diversamente rappresenta una virata verso il peggiore statalismo, un esproprio illegittimo ed ingiustificato, contrario a qualunque principio di libero mercato ed iniziativa economica.